Sri Lanka, giorno 9: Sigiriya

Usciamo di buon mattino (tanto per cambiare) per salutare Trincomalee. Uno dei simboli della città, oltre alla malinconica petroliera che galleggia all'orizzonte, è il Koneswaram Temple, arroccato su una scogliera a picco sulla baia di Trinco. Ci mettiamo in fila con i pellegrini che portano offerte a Shiva durante la preghiera del mattino, e tra l'incenso e il suono delle campane i monaci ci applicano sulla fronte la tika, il segno rosso sacro.


Shiva è una delle principali divinità induiste, conosciuto come il "Distruttore" o il "Trasformatore" all'interno della Trimurti, la triade che include anche Brahma (il Creatore) e Vishnu (il Conservatore). Ma Shiva non è solo distruzione: mette fine ai cicli dell’esistenza per consentire una nuova creazione e mantenere l’equilibrio nell’universo.

Shiva rappresenta la complessità della vita, la morte, il cambiamento e la rigenerazione. I suoi simboli più riconoscibili sono il terzo occhio sulla fronte, che simboleggia saggezza e distruzione dell'ignoranza; il tridente (Trishula), legato al tempo; e il serpente al collo, segno del suo controllo sulle forze pericolose.


Accanto al tempio, si staglia la Swami Rock, anche conosciuta come “Lover’s Leap”: una scogliera vertiginosa a picco sull'Oceano Indiano, da cui si possono avvistare balene e delfini. La leggenda vuole che da lì una giovane donna si sia gettata nel vuoto dopo che il suo amato l'aveva ghostata.

Nei dintorni, oltre alle solite baby gang di scimmie e ai cartelli che consigliano di non stuzzicarle se non si vuole essere morsi, ci sono molte bancarelle ideali per provare cose particolari da mangiare e souvenir molto economici, dove mi compro una tortina di cocco simile a una mattonella marrone lucida e uno stock di braccialetti e cavigliere di tessuto colorato (i cui colori cambieranno tonalità dopo una doccia). Quindi partiamo per Sigiriya.


Arriviamo giusti giusti per iniziare la scalata sotto il sole delle 13. Sigiriya, per gli amici "Segheria" o la "Rocca del Leone", è uno dei siti archeologici più famosi dello Sri Lanka, e anche uno dei più spettacolari. Si tratta di una fortezza naturale situata su una massiccia roccia di granito alta circa 200 metri, che svetta in mezzo alla giungla come un panettone. Questa imponente struttura venne trasformata nel V secolo d.C. in un palazzo-fortezza dal re Kashyapa, che la scelse come sua capitale e rifugio, per difendersi da possibili attacchi.



Appena arrivati, si può facilmente indovinare il carattere del re, allo stesso tempo ansioso e megalomane. La salita alla cima della rocca è un'esperienza che toglie il fiato, letteralmente e figurativamente. Dopo aver superato i Giardini d’Acqua e i Giardini a terrazze, ci si avventura su una lunga serie di scale che conducono alla sommità, con passaggi che sembrano scolpiti direttamente nella roccia.


A metà strada si trova la Porta del Leone, un ingresso monumentale che prende il nome dai resti delle enormi zampe di leone scolpite nella roccia, un tempo parte di una gigantesca figura leonina che accoglieva i visitatori. Poco dopo, le scale di lamiera si trasformano in ponteggi pazzi, su cui si creano continuamente degli ingorghi causati da persone che non se la sentono più così tanto di continuare a salire.

Dalla cima di Sigiriya, però, la vista è mozzafiato: uno spettacolo che spazia sulla foresta e le pianure circostanti, con l’orizzonte che sembra perdersi all’infinito. Oltre alla funzione di residenza reale, Sigiriya serviva anche come cittadella difensiva, con mura fortificate e sistemi di irrigazione avanzati. Oggi, è un sito UNESCO e un'attrazione imperdibile, che combina storia, arte e un po’ di adrenalina per chi osa la salita.


Le persone che tentano l'impresa, comunque, sono le più varie: dagli esperti di trekking super accessoriati alle scolaresche di bambini in divisa bianca, dai monaci buddhisti alle turiste coreane a caccia di Instagram point, con tanto di abitini con le balze, ciabatte in gomma a forma di squalo e calzine scivoline in tulle, prova incontrovertibile che, se sono arrivate fino alla cima senza cadere nella scarpata, è solo perché non è la loro ora.

Durante la discesa, ci si imbatte negli affreschi delle Fanciulle di Sigiriya, figure femminili raffigurate con colori vividi, che sono tra le opere artistiche più importanti del periodo antico del paese. La cosa più impressionante, però, è che sono stati dipinti proprio sul fianco della montagna, e per accedervi bisogna arrampicarsi su un ponteggio sospeso nel vuoto, in stile edilizia acrobatica. Per scendere, invece, ci sono delle pratiche scale a chiocciola sul nulla.


Non so se questa scalata mi garantirà di non reincarnarmi in uno scarafaggio nella mia prossima vita, ma francamente credo che dovrebbe.

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