Ho regalato il mio sacco a pelo al ragazzino Masai che mi ha smontato la tenda per l'ultima volta. Gli sarà più utile che a me, almeno fino a quando non crescerà così tanto da non starci più dentro.
Il vento della sera prima si è calmato, e ora, dalla collina del campeggio, si possono vedere i villaggi di fango sparsi nel grande catino di sabbia del Lago Natron. Jackson ci prepara per l'ultima volta le sue famose uova strapazzate, con una ricetta segreta che probabilmente consiste nell'aggiungere quantità scandalose di margarina. Dopo colazione, partiamo, avvolti in una nuvola di polvere.
Come non è bastata la doccia della sera prima (in un bagno comune rispettabilissimo, seppur senza corrente elettrica), non basta neanche serrare i finestrini della macchina. La polvere entra ovunque, creando una foschia nell'abitacolo che ci fa ridere e subito dopo tossire. Non appena iniziamo a viaggiare su una strada asfaltata e il pulviscolo smette di volare, ci spogliamo dei nostri vestiti e li sbattiamo fuori dal finestrino della macchina in corsa. Per gli zaini, però, non c'è niente da fare: giacciono sotto uno spesso strato di terra biancastra.
Verso le 14:00 facciamo tappa in un bar vicino al Meserani Snake Park, un luogo bizzarro ricoperto di biglietti, cartoline, foto, sciarpe e magliette scarabocchiate con l'uniposca lasciate dai viaggiatori di passaggio. Ordiniamo la specialità della casa: numerose birre Safari e patatine fritte che, pur arrivando dopo un'eternità, non ci preoccupano troppo grazie al delizioso venticello che rende piacevole il chiacchierare. Successivamente ci dirigiamo verso l'aeroporto di Arusha, dove salutiamo i nostri driver, facciamo un check-in essenziale e aspettiamo in un hangar il nostro piccolo aereo per Zanzibar.
0 Commenti