Alla fine, anche alle Perhentian arriva il momento di andarsene. Ci svegliamo, facciamo colazione al diving e un ultimo bagno, con gli zaini già chiusi, e aspettiamo la barchetta che ci riporti sulla terraferma.
Il fatto che il posto da cui partono i traghetti verso le Perhentian sia uno dei più brutti sulla faccia della Terra, personalmente, mi fa molto ridere. Ed è proprio a questo che penso guardando i gruppetti di turisti che fissano preoccupati le baracche di lamiera e l'acqua ferma e marrone del porticciolo.
Dopo le fatidiche due ore di pullman, veniamo deportati in un minuscolo aeroporto. Ci imbarchiamo con la pelle che tira per il sale, e arriviamo a Kuala Lumpur che è già buio. Già dall'aeroporto (enorme) e da quanto vediamo dai finestrini correndo verso l'ostello, è chiaro che i giorni da naufraghi scalzi sono finiti.
Kuala Lumpur è una grande e afosa città asiatica, fatta di grattacieli di vetro, baracche di lamiera, templi colorati e parchi verdi. Arriviamo in ostello, nel centro città , che sono già le 22.00, ma abbiamo deciso che la nostra unica notte qui va fatta bene, e prima di mezzanotte siamo puliti e pronti per uscire. Ci sono dei secret bar a Kuala Lumpur e vogliamo farceli tutti.
Il primo è il PS150, nascosto dietro un negozio di giocattoli, Cheng and Huang Toys & Co. in Petaling Street. È stato il primo cocktail bar di Chinatown, e in effetti ci sono una schiera di barman e si beve molto bene. Saggiamente, ordiniamo anche dei bao. Di nuovo in strada, andiamo a berne un altro al The First Chapter Speakeasy, dove invece sono tutti indiani. Cercarlo è divertente, si entra da una porta un po' losca con due tizi seduti fuori, ma l'ingresso vero è dietro una parete di libri. Dentro è molto buio, e la musica diventa sempre più alta mentre i minuti passano.
L'ultimo è l'1.45, che dopo il lockdown ha cambiato gestione ed è diventato Her House. Difficilissimo da trovare, ci siamo riusciti solo chiedendo a un ragazzo che friggeva pollo alla sua bancarella. Si sale per una scala condominiale buia (oggi lo è un po' meno) per cui sembra veramente di andare a casa di qualcuno, seguendo l'indicazione di un parrucchiere. Si sale fino all'ultimo piano. Superata la porta, ti investe il flash di un corridoio di led colorati (che hanno tenuto e ravvivato) e la musica alta. È sicuramente il più divertente da cercare, anche se la cosa più difficile è scendere le scale dopo troppi drink senza lasciarci una tibia.
Torniamo a piedi attraverso Chinatown deserta, per farci qualche ora di sonno. Ci aspetta Kuala Lumpur by day.
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