Giorno 17 - Notturno tropicale

 

E che cosa fai quando un'inquietudine ingestibile ti divora da dentro e tu sai che non è proprio il caso perché ti trovi in un paradiso tropicale?

Essenzialmente, passi le serate bevendo una birra dietro l'altra. Abbiamo conosciuto una coppia di ragazzi di Faenza e li abbiamo adottati. Lui fabbrica shampoo ed è pelato, con lei ci siamo fatte vicendevolmente da palo nei frequenti momenti in cui siamo andate a fare pipì nella toilettedietro al chiosco, con la porta che si chiudeva sempre peggio fino a che non si è chiusa più e abbiamo a turno pisciato con la porta aperta, mentre una delle due stava davanti. Certe cose uniscono, ci siamo giurate eterna amicizia, non ci siamo viste mai più. Non mi ricordo nemmeno come si chiamasse, ma le sarò sempre grata.


Di giorno si nuota, si fanno cose come cercare di scendere a toccare il carapace di una testuggine di mare (non ci sono riuscita, era troppo profondo) o si ozia a palpebre socchiuse guardando il sole che filtra tra le foglie.

Una sera ci facciamo portare con la barca sull'altro lato dell'isola, per guardare il tramonto. Di là ci sono tre resort lussuosi, molte famiglie e coppiettine che sono lì da giorni e giorni e non hanno mai cambiato gli Euro che avevano nel portafoglio. Sinceramente, preferisco stare di qua. E pazienza per i topi.

Ceniamo in un ristorante dove non manchiamo di farci riconoscere, ma tornando all'imbarcadero le cose prendono una brutta piega. Ormai è più che buio, la marea si è molto ritirata e il mare si è ingrossato. A nessuno va di riportarci indietro in barca. 


Non serve offrire soldi, non serve pregare e nemmeno supplicare. Nessuno ci riporterà.

Però c'è un sentiero, che taglia l'isola e arriva fino all'altro lato, ci si arriva dalla spiaggia e si passa dietro ai resort. C'è una rete con un cancelletto, dove c'è scritto assolutamente di non incamminarcisi dopo le 20. Sono le 23 e siamo tutti in ciabatte, ma non c'è alternativa a questo punto.

Il sentiero sale sui fianchi dell'isola, nel buio più totale. Noi andiamo avanti in fila indiana con le torce dei cellulari, tra i rami, le rocce e le pozzanghere. Ogni tanto qualcuno viene sfiorato da qualcosa e partono delle urla isteriche. È meno semplice di quanto si poteva ipotizzare, o forse lo è perché è notte e siamo in ciabatte. I rami mi stanno devastando le gambe, fa un caldo micidiale e mi gratterei le braccia fino a staccarmi la pelle. Per fortuna però in alcuni punti bisogna tenersi a una fune, e ho le mani occupate. Dopo quanto non saprei dirlo, la vegetazione si dirada e il suolo diventa pianeggiante, e ci troviamo in un prato d'erba che ci arriva più o meno alla vita. Mi aspetto quasi che arrivino i velociraptor, invece da lontano vediamo le prime luci.

Quando al chiosco dello Scuba Diving ci vedono comparire da dietro, rimangono un po' perplessi. Io rido e mi metto a correre verso il mare, per sciacquarmi via tutto e cauterizzare i graffi.


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