Giorno 16 - Punta Gallinas/Bogotà


Nonostante la sbronza di Chirrinchi (e l'inquietante assonanza con "cirrosi") della sera prima, di cui non ho ricordi molto dettagliati, alle sei del mattino siamo svegli e inaspettatamente freschi.
Dobbiamo metterci in viaggio verso Riohacha e prendere un volo interno per Bogotà.

Lungo la strada ci fermiamo a Playa Taroa, dove le dune gialle, alte come palazzi di sei piani, arrivano fino al mare. Guardando giù dalla cresta, vengono quasi le vertigini. Poi respiri, inizi a correre e ti ritrovi giù.

Siamo appena ripartiti, quando la macchina che hanno aggiustato in qualche modo durante la notte inizia a perdere colpi. Dobbiamo fermarci a rabboccare ogni quaranta minuti, poi ogni venti, poi ogni cinque, finché finiamo anche tutta l'acqua da bere e rimaniamo fermi in mezzo al nulla.
Siamo in giro da 7 ore e ne abbiamo ancora 4 di viaggio. Abbiamo un aereo che non possiamo perdere. È tardi.


Qualcuno viene raccolto da un altro gruppo di passaggio (sembra che tutti partano dopo di noi per arrivare alla stessa ora), con gli altri ci stringiamo sui due fuoristrada che ancora camminano.
Sul più bello, alla nostra macchina si guasta il condizionatore, e ci tocca proseguire con i finestrini abbassati, con il vento caldo che ci schiaffeggia e la sabbia che rende impossibile tenere gli occhi aperti.

Questi giorni nel deserto sono stati un'esperienza molto Mad Max Fury Road, e appena arriviamo a Riohacha la prima cosa che faccio è aprirmi una birra.
Mi sono lasciata indietro una scia di vestiti troppo sporchi per essere lavati e ho abbandonato le mie vecchie Adidas Superstar tutte rotte durante un rapido cambio d'abiti nella hall dell'aeroporto. Dopo aver fatto tanta strada insieme, non poteva esserci finale migliore di una corsa sulle dune.

A Bogotà è già buio e fanno circa 10°, 25 di escursione termica rispetto alla Guajira.
E noi siamo in pantaloncini e ciabatte.



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