Ci svegliamo all'alba per prendere un volo interno per Cartagena, ingombrandoci tra i letti a castello mentre forziamo le cerniere degli zaini o scontrandoci su e giù per le scale per cercare di precedere qualcun altro nella coda per il bagno. Poi via sulle ali della libertà , verso il mare, il caldo e una camerata molto probabilmente da 10 mista.
Trovare qualcosa con cui fare colazione all'aeroporto di Medellin è un'impresa. Non c'è quasi nulla che non contenga
queso. Finisco per comprarmi un barile di caffè americano bollente e annacquato e una fetta di
tarta de coco che sembra una mattonella di cannella (?), però buona.
Anche i giornali colombiani parlano di Modric che magari viene all'Inter. Trovo che questa cosa sia di una crudeltà estrema.
Cartagena è la città di Florentino Ariza e Fermina Daza. Fa caldissimo. Sono felicissima.
Nel centro storico sembra di essere a Cuba, con i baretti in cui servono rum, gli artisti di strada e gli ambulanti che vendono sigari.
Il Gruppo Disagio mi sta salvando la vacanza. A cena, ci sediamo schierati. Abbiamo passato il pomeriggio a correre spintonandoci in mezzo alla strada per fare le foto, tipo: «Togliti, mi stai impallando l'inquadratura!», «No, TU mi stai impallando l'inquadratura!».
Stasera ho assaggiato tre rum diversi sui bastioni della città , davanti al mare.
Solo che.
Solo che dormo in un ostello dentro a una casa coloniale restaurata. La camera è da sette, soppalcata. Sono al piano di sopra. E sotto c'è qualcuno che sta russando TANTISSIMO, ma una cosa che non si sopporta, buca le pareti. Da prendere a testate il muro.
A un certo punto, mi sono affacciata al buio sulle scale e ho emesso un fortissimo e tagliente SHHH!
Ha smesso solo per un secondo.
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