Day 16, 17 Islands


La sera eravamo arrivati in una specie di comune hippie. C'erano tante capannine con il tetto di paglia e i murales sulle pareti, sopra un praticello verde. Mancavano l'acqua calda (e fin qui niente di strano) e il Wi-Fi (in Indonesia non avranno le scarpe, ma hanno il cellulare più bello del mio).
Il capo era un tizio con i capelli lunghi fino all'osso sacro e la maglia di Bonucci.
Del Milan.
Ad agosto.
Quindi lui probabilmente usava i giga.

Nonostante il gusto discutibile per le maglie da calcio, Mr Bonucci ci sapeva fare; per cena ci ha fatto trovare melanzane alla salsa di soia, pomodori, piattoni di mie goreng che non finivano mai (nonostante avessi voluto mangiarne per sempre) e otto pesci alla griglia buonissimi, e a quel punto della cena giuro che no, non poteva essere solo la fame.

Il giorno dopo, saremmo partiti presto per andare a fare snorkeling alle 17 Isole («Andre, ma ce la facciamo a vederle tutte e 17?»), per tornare verso le 15, sciacquarci via il sale e spararci l'ultimo micidiale trasferimento di lunghezza imprecisata sul pullman, fino a Kelimutu.
Mr Bonucci ci avrebbe procurato le pinne.

«Ehi. Segna anche le mie. Devi scrivere: Silvia, 39»
Matteo si era girato piano, mi aveva fissata un momento e aveva risposto:
«De febbre?»

Il 39 non c'era, ma Mr Bonucci aveva provveduto, e mentre stavamo guardando le prove libere della Moto GP seduti per terra nel salotto di qualcuno, insieme a cinque o sei indonesiani, un suo scagnozzo era tornato in scooter portando un paio di pinne per me, recuperate da qualche parte.

Per il primo bagno del mattino, sono sempre l'ultima a buttarmi in acqua. Però la barriera corallina era splendida e tutto era così bello che ho pensato che non ti può rodere a lungo il culo in Indonesia.
I miei principali problemi erano capire il momento giusto in cui sputare per non far appannare la maschera («Comunque, se vuoi vendono uno spray apposta a 15 euro» «La maschera l'ho pagata 7, non mi sembra il caso»), pinnare controcorrente, prendere il sole sul telo di qualcuno, visto che il mio non era sopravvissuto agli arbusti di Sumba.
Per pranzo, Mr Bonucci aveva provveduto con l'immancabile vasca di riso basmati e altro pesce fresco grigliato. E mi aveva cazziata.

«Tu non mangi più?»
«No, grazie, ho mangiato tantissimo. Era tutto buono»
«Tu mangi ancora»
«Ah, ok»

Eravamo davvero rientrati alle 15. Più o meno.
Per fare prima, mi ero lavata a secchiate in giardino. In sottofondo c'era Powerful dei Major Lazer, e intorno avevo un parterre di indonesiani che mi guardavano come le prove libere della sera prima.

Poi abbiamo caricato gli zaini e via per le ultime sei (o quattro? O nove?) ore di pullman.
Lungo la strada ci saremmo fermati a prendere le patatine fritte a un baretto sulla spiaggia. C'era un tramonto pazzesco, e ci hanno messo la cover indonesiana di Despacito.

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2 commenti :

  1. tra la maglietta di Bonucci e l'obbligo di avere fame... cioè io questo post e questo post, li adoro tutti e due

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    1. Io Bonucci non lo posso sopportare, però ti giuro che tutto l'insieme era strano-positivo

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