Giorno 23+1 - Da nessuna parte

 

Capiamo poco dopo esserci imbarcati, una volta che tutti hanno sistemato le loro cose nelle cappelliere e hanno preso posto, quando l'aereo continua a girare sulla pista senza accennare a partire, che qualcosa non va.

Ci fermiamo. Facciamo qualche altro giro di pista. Ci fermiamo di nuovo. Le luci si accendono e si spengono. Nessuno ci dice nulla, intanto iniziamo ad accumulare ritardo. E non partiamo.

Finalmente qualcuno prende coraggio e comunica che l'aereo ha un problema tecnico. Si spegne l'aria condizionata, mentre rimaniamo fermi ancora e ancora. Ci riportano all'imbarco. Dopo un po', il portellone si apre e ci comunicano che faremo salire un team di tecnici per capire cosa non va.

Il tempo passa, e l'aereo dello scalo Barcellona-Milano è ufficialmente perso. L'aereo ricomincia a girare sulla pista mentre siamo ancora tutti in piedi. Mi siedo per terra in mezzo al corridoio. Siamo tutti stanchi e nervosi, e fa caldissimo. Torniamo al gate e i tecnici scendono.

Solo dopo un altro giro a vuoto comunicano che faranno scendere anche noi. Non che qualcuno fosse entusiasta di partire e volare subito fino in Spagna su quell'aereo. E così sbarchiamo.

Appena rimettiamo piede nell'aeroporto, dei poliziotti placano i passeggeri inferociti spiegando che chi creerà disordini potrebbe venire arrestato e pagare una multa di svariatimila Pesos. Mi butto seduta sulla moquette con la testa tra le mani e la schiena contro il muro. Ci sono persone che piangono, persone che dormono tramortite in posizioni scomode, tantissime parlano al telefono (non io, perché me lo hanno rubato).

Così passano altre due ore.

A un certo punto, comunicano che l'aereo non sarà riparabile, ci porteranno da qualche parte a dormire e si capirà l'indomani cosa fare. Scatta la corsa a farsi annullare il visto d'uscita, cercare il proprio bagaglio e saltare su una delle navette, possibilmente senza dividersi. Seguirà una chilometrica fila per il check-in in albergo, dove finalmente faremo una doccia calda e sprofonderemo in un letto morbidissimo. Sono le cinque del mattino.

Alle sette ci riportano in aeroporto per capire come possiamo tornare a casa. Si dividono le strade tra la parte romana e la parte del nord Italia del gruppo, loro fanno il check-in per prendere il primo volo disponibile. Noi veniamo riportati in un secondo albergo (o forse era lo stesso?) fino alla sera, quando forse torneremo a casa via Parigi.

Non so da quante ore mi trovi bloccata in Colombia senza certezze, senza soldi e senza cellulare. In albergo mangiamo qualcosa, poi ci ritiriamo, ognuno in una lussuosissima (o probabilmente normale, siamo noi a non essere più abituati) singola. La doccia calda è un trip in paradiso. Le lenzuola sono bianco abbagliante, e mi addormento appena le tocco.

Mi sveglia qualcuno di molto agitato che bussa alla porta, nel tardo pomeriggio. Cambio di programma, la compagnia aerea ci ha trovato dei posti su un volo che parte alla stessa ora di quello che avremmo dovuto prendere il giorno prima. Dobbiamo andare là SUBITO.

Ed è così, che con 24 ore di ritardo, abbiamo salutato la Colobia.

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