Giorno 22 - Bogotà

 

Sono già stata in luoghi non propriamente easy ma, nella mia personale classifica delle città hardcore, Bogotà è sicuramente sul podio.

In mezzo alla Colombia, su un altipiano della Cordigliera delle Ande a 2640 metri di altitudine (particolare che stupidamente non avevamo considerato), a Bogotà fa mediamente freddo e il cielo è bianco accecante.

La sera e la mattina, oltre i vetri, i grattacieli demodè sono incappucciati da una nebbia Blade Runner 2049, e i sedili di velluto nero pieni di gobbe dei taxi gialli sono sempre un po' umidicci.

Ma la cosa che più mi è rimasta impressa di Bogotà è la sensazione, mentre si cammina per strada, di avere addosso gli occhi di qualcuno.

Passiamo la prima parte della giornata per musei. Il più particolare sicuramente è quello dedicato a Botero, tanto per l'allestimento quanto per la cornice da tipica villa coloniale imbiancata a calce con il patio quadrato e la fontana in mezzo.

Nel tardo pomeriggio, ci dividiamo per dedicarci allo shopping non più rimandabile di bottiglie di Aguardiente, t-shirt souvenir, maglie tarocche della nazionale colombiana e calamite kitsh.

Mentre stiamo camminando verso l'albergo, una fiumana di gente taglia il gruppo disagio, che si divide irreparabilmente. Rimaniamo indietro in due. Poco dopo, un tale dietro di noi attira la nostra attenzione, per dirmi che ho la tasca inferiore dello zaino aperta.

"Cosa ci fai in giro con lo zaino aperto, ma sei scema?"

"Mi ero già accorta che qualcuno me l'aveva aperta, al Museo Botero. L'avevo richiusa, ma tanto non c'è dentro niente di valore"

Era vero. Stavo camminando con le mani affondate nelle tasche del bomber, in una mano tenevo stretti portafogli e passaporto, nell'altra il cellulare.

"Beh comunque richiudila, non va bene"

Ho staccato la mano dal cellulare solo per due secondi, quando l'ho rimessa in tasca non c'era più.

Il giorno dopo abbiamo provato a cercarlo sulle bancarelle, ma vai a sapere che fine possa aver fatto.


Quella sera ci aspetta una cena in grande spolvero in cui spendere tutti i soldi rimasti nella cassa comune, ma fa decisamente troppo freddo per il vestito che avevo pensato di mettere. Così mi metto dei jeans e una maglietta a righe con le maniche lunghe. L'effetto glamour è principalmente dato dal fatto che sono i miei ultimi vestiti ancora completamente puliti.

Dei ragazzi di Bogotà che erano stati in Erasmus con una del nostro gruppo ci hanno invitato nel ristorante di uno di loro. Dopo averci accomodati nel patio con le birre gelate, i minuti iniziano a scorrere inesorabili, finché, circa tre quarti d'ora dopo, i nostri ospiti in vistoso imbarazzo ci confessano che era saltata la corrente in cucina e cenare lì sarebbe stato impossibile.

Ci attiviamo subito e troviamo su Trip Advisor un ristorante che si sarebbe poi rivelato valido ma carissimo, e ci spostiamo tutti là, compresi i nostri ospiti e addirittura il cuoco.

Dopo cena, i ragazzi di Bogotà ci invitano a ballare insieme ai loro amici. Così mi ritrovo su un taxi con persone che non conosco, per andare verso un posto che non conosco.

"Ma ti rendi conto che ci siamo qui solo io e te, in un taxi con degli sconosciuti, e non sappiamo dove ci stanno portando? E se ci rapiscono per rubarci gli organi?"

"Senti, per favore, oggi mentre ero con te mi hanno già rubato il cellulare. Direi che è abbastanza"

Di quella nottata ho pochi ricordi e la sensazione di essermi molto divertita.

Appena entrati, ci mettono addosso delle fasce tipo Miss Colombia, il posto è enorme, la musica (zarrissima) molto alta, la gente balla  sui tavoli e i nostri ospiti continuano a ordinare bottiglie di Aguardiente. Ci è impossibile pagarne anche solo una.

Non mi importa di come sono vestita, di essere senza cellulare chissà dove, del fatto che 24 ore dopo sarei stata seduta su un aereo che mi avrebbe riportata a casa.



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