Giorno 14 - Cabo de la Vela


Ci siamo divisi su tre fuoristrada stranamente moderne, inaspettatamente spaziose, incredibilmente fresche e inspiegabilmente comode. Questo può significare una cosa sola: rischieremo sicuramente la vita.

Il nostro driver pensa di essere nella versione colombiana di Need for Speed. Io cerco di godermi il più possibile la sensazione di avere addosso dei vestiti puliti e di non essere sudata come una ladra, perché so che non durerà ancora per molto.

Stiamo attraversando il deserto della Guajira, viaggiando su strade sterrate che si intuiscono appena. Ogni tanto, incontriamo posti di blocco dove, al posto della polizia, ci sono bambini magri che chiedono acqua e riso come pedaggio.
La cosa più strana di questo deserto giallo è che le dune arrivano fino al mare, verde come un coccio di bottiglia e increspato da cavalloni divertentissimi.

Così, tanto per, ci siamo arrampicati su un promontorio (io in ciabatte, per onorare la tradizione dell'annuale trek in infradito) dove abbiamo fatto delle foto con il vento che ci spostava.
Poi siamo saliti fino al faro, per guardare il tramonto sul mare con una birra fresca in mano. Siamo vicini al confine con il Venezuela, e qui si beve la Polar; sa un po' di ruggine, ma non è male.

Ho capito che siamo entrati nella terza settimana di viaggio dal fatto che non esista più nessun tipo di privacy e dal tenore dei discorsi. Questo significa che da quindici giorni mi sto lavando i denti con acqua non potabile, spesso facendomi luce con il telefono perché a una certa staccano il generatore.

È stato quando siamo tornati alle nostre cabañas per lavarci che ho trovato le cacche. Quindi mi sono presentata a cena dichiarando che mi sarei ubriacata, perché nella mia camera c'erano i topi e io avevo davvero bisogno di dormire.
Mi sono seccata 6 Polar.


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