Giorno 8 - Aracataca/Santa Marta


Ieri sera, invece di dormire in ostello, ho dormito in una hacienda Lu$$o con la piscina nel patio e la cameriera che ci ha preparato dei piattoni di frutta per colazione e ci chiamava Señora, quindi secondo regole non scritte la tragedia è vicina.

Mi compro un braccialetto, giusto per far girare l'economia di Mompox. Alle sette fa già caldissimo. Poi El Gordo ci carica sul pullman. Guida come un matto, fa dei sorpassi alla cieca, e alla fine di ogni manovra ci guarda nello specchietto con i pollici alzati. Ha una playlist così tamarra che fa il giro e rimane tamarra.

Ad Aracataca, il paese dei nonni di Gabriel Garcia Marquez, fa caldissimo (ovviamaente). Ci dividiamo un pollo allo spiedo in un bar piastrellato di azzurro, che mangiamo con le mani, mentre dei cani rossicci corrono sotto al tavolo.
Quando ho letto il mio primo libro di Marquez, immaginavo che sarei venuta qui davvero?

Santa Marta, luogo di perdizione. Sono alla quarta birra e non ho ancora cenato.
Sul terrazzo dell'ostello c'è una luce arancione spettacolare, e una vista a 360° sui tetti sgarruppati delle case. Al tramonto aprono il bar, e accendono le due Jacuzzi. Ci sono le lucine e Manu Chao alla radio. Il Gruppo Disagio si passa delle sigarette sulle sdraio. Io ho il sarong verde legato su un fianco e una bottiglia di Club Colombia in mano.
È bellissimo, è come avere ancora 14 anni, però molto meglio.

  
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