Giorno 7 - Mompox


Siamo partiti con le triple, siamo passati alle camere da 6, poi da 8, poi da 10. Magari la prossima volta staremo insieme tutti e 16, poi in una camerata da 24 con anche degli sconosciuti.
Insomma, l'aspettativa di minima era di avere almeno un letto a testa, anche se non sarebbe andata così.
Nell'ostello giallo (nonchè unico e pure carino) manca una camera, quattro persone non hanno un letto, e io ovviamente sono nei premi.

Mompox, secondo le dicerie, dovrebbe essere il posto più caldo della Colombia, e io a queste dicerie in particolare mi sa che ci credo.
Mompox è una minuola città coloniale con tanti campanili e un fiume pigro, che prima la rendeva ricchissima e frequentata ma ora non più. Mompox, anche per il caldo spossante, sembra Macondo.

Ci sono portici con le colonne di legno colorato, vecchi negozi di barbieri, un cimitero bianco e pieno di gatti, bar con tavolini e sedie a dondolo in vimini vista fiume, l'immancabile monumento a Simon Bolivar e una 16enne che non avrei mai visto, pur sapendo che la sua festa di compleanno era stata allestita a tema Parigi.

All'aperitivo improvvisato dal gruppo disagio a un chiosco sul lungofiume, io con lo zaino da 100 litri in spalla, non so ancora dove passerò la notte ma penso che quasi sicuramente in una stamberga di prima categoria. Mi chiamano che ho la birra a metà, e mi avvio con altre tre pellegrine a piedi verso la piazza del municipio, con la bottiglia in mano. Intanto si è fatto buio di colpo.

Ci accoglie un signore gentile, alto e spigoloso, completamente vestito Nike e sudato fradicio. È appena tornato da una corsa, ma sembra gli abbiano rovesciato addosso un secchio d'acqua.
I nostri bagagli ci hanno preceduto su un risciò che qualcuno ha già pagato per noi. Un portone enorme di legno borchiato si spalanca sull'hacienda di Bill in Kill Bill vol II, ma tutta bianca, più chic e meno pacchiana.

Il primo pensiero è infilare il bikini e buttarsi nella piccola pisna turchese nel patio, sotto un cielo nerissimo e pieno di stelle. È il 10 agosto, ma non ne vedo cadere nessuna. Non si può avere tutto.
Mi faccio una serie di selfie da inviare subito agli altri in ostello.
Più tardi, seduta in piazza al tavolino dell'unico bar ancora aperto, piena di arroz momposino e con un Mojito annacquato in mano, penso che è esattamente per i giorni come oggi che ho aspettato per un anno di essere qui.    

Share:

Posta un commento

Designed by OddThemes | Distributed by Blogger Themes