Day 14, Flores


È il primo giorno di trasferimento pesante. Il nostro potente mezzo è un pulmino truccato su cui ci stringiamo noi, l'autista, la nostra guida e altri due indonesiani dai compiti non ben specificati, tra cui però c'era sicuramente caricare gli zaini sul tettuccio (dentro non ci stavano) e legarli in modo sommario con un telo e delle funi, e stendere le gambe a bloccare le porte, che non si chiudevano tanto bene (non si chiudevano proprio).

Memorabile il momento trash anni '90 in cui mettiamo Gigi D'Agostino e ci alziamo a ballare. Tanto gli indonesiani non ci dicono niente, anche perché stiamo viaggiano a 70 all'ora su uno sterrato e con le porte aperte.

Tanto il mezzo è curato fuori - tutto disegnato, con i cerchioni aggressivi, tre coppie di tergicristalli Sparco, le ciglia lunghissime e un sacco di fanali - quanto è improponibile dentro, con i sedili che sembrano messi lì a caso - in mezzo ce n'è uno gigante da quattro buttato lì, quelli dietro non sono fissati e poggiano direttamente su tre taniche di benzina di scorta - le porte rotte e una specie di controsoffitto di plastica con le palme. Però l'impianto audio è pazzesco: quando lo accendono vibra tutto, e i bassi te li senti fin nelle viscere.
E l'autista è bravissimo a fare manovre strettissime, a portarlo avanti al buio e a spingerlo a cannone sulle strade sterrate e su e giù dai tornanti.

Solo che stiamo scomodissimi. Nonostante siamo tutti talmente stanchi che - chi più chi meno, io molto meno - abbiamo sviluppato l'abilità di addormentarci su qualsiasi superficie in ogni momento utile.

«Ah Sì, senti. Cerchiamo di incastrarci con le teste come prima, stavamo comodi»
«È vero, ma non riesco a rifarlo»
«Ci avrà incastrati una buca»
«E infatti a un certo punto mi hai dato una testata. Ho il bernoccolo, senti qua»

 Ci fermiamo in un villaggio di cinque o sei case, dove distillano artigianalmente l'arak. In pratica, un ragazzo (siccome gli indonesiani dimostrano quasi tutti un'età imprecisata tra i 15 e i 45, non si può mai dire con certezza) magrissimo si arrampica a piedi nudi sulle palme da dattero e prende dei secchi dove ne raccolgono il vino, che viene poi distillato artigianalmente con delle stufe ovviamente pulitissime e che naturalmente rispettano tutte le vigenti norme sanitare (nell'entroterra rurale di Flores).

All'inizio della lavorazione, il liquido è biancastro, torbido e zuccherino, alla fine è limpido e incolore, praticamente una grappetta da circolino.
Abbiamo diverse testimonianze fotografiche di facce schifate che bevono qualcosa da una tazza da tè a fiori gialli, ma giuro che non era così male.
Quattro tizi, che potevano tranquillamente essere usciti da Narcos che stavano guardando una telenovela in veranda da un estemporaneo televisore al plasma, hanno versato un po' di arak sul tavolino di plastica azzurra e gli hanno dato fuoco con l'accendino. Non so cosa volessero dimostrare, ma facevano colore, e adesso so che l'arak fa le fiamme blu.
Alla fine di tutto, il liquore viene imbottigliato in bottiglie di plastica riciclate a cui è stata tolta l'etichetta della minerale, e viene venduto a bordo strada. Enjoy.

Dopo non si sa quante ore (chi dice due, chi dice quattro) a viaggiare nel buio e in mezzo al nulla più totale, abbiamo iniziato a ipotizzare quanto fosse di merda il posto dove avremmo dormito, e a sondare il terreno con Andrea.

«Nelle relazioni degli altri gruppi, scrivono che è brutto»
«Ok, ci sono le pulci nei letti»
«Sacco lenzuolo e via»
«Vabbé, scordiamoci l'acqua calda»
«Sicuramente ci sono le blatte»
«A me non disturbano, mi basta dormire»
«Tu, potendo scegliere, preferisci le blatte, l'acqua calda o il letto pulito?»
«Blatte e letto pulito, l'acqua calda vabbé»
«No, sei fuori? Io dico Acqua calda, blatte e il letto vabbé, tanto ho il sacco lenzuolo»
«Non ho capito, le blatte le consideriamo una cosa positiva?»

Abbiamo continuato a discutere di cosa, potendo scegliere, avremmo preferito tra le blatte, l'acqua calda e il letto pulito, fino a che siamo arrivati.

«Oddio, guardate, in camera di Giulia e Vale c'era uno scorpione enorme!»
«Cazzo, raga, guardate, quello è un BOILER!»
«Non puliranno da trent'anni, qua dentro»
«Sì, ma il boiler! Vuol dire doccia calda!»
«Scusa, mettiti sotto la luce... lo sai che sei completamente coperta di terra? Eri seduta vicino alla porta del pullman? Hai anche il segno degli occhiali»
«Sì, ma tanto c'è il boliler, capito?»

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