Day 4, Bali - Sumba


Ci svegliamo alle quattro del mattino, saliamo sul pullman che è ancora buio. Incredibilmente, c'è traffico lo stesso. Ci mettiamo almeno un quarto d'ora per superare i carretti pieni di verdure in tripla fila di chi sta andando a fare il mercato.
Affondo nell'imbottitura della giacca e mi tiro il cappuccio sulla faccia. Radiohead in cuffia. Cerco di dormire e ovviamente non ci riesco.

Due ore dopo siamo in una risaia, ed è la cosa più Sudest Asiatico che si possa immaginare.
L'aria è leggermente pungente, i colori vivi, c'è gente che sta già lavorando e raccoglie il riso, porta ceste sulla testa o fascine in scooter. A un certo punto, da non si sa dove, passa un commando di sei tipi loschi con le giacche militari, le moto da cross e dei fucili semiautomatici.
Avrei tanto voluto farmici un selfie. O almeno fotografarli, ma è stato un attimo, e forse non era il caso.
Facciamo colazione nell'unico bar lì davanti, ordiniamo tè, caffé, frutta e pane tostato. Qualcuno, forse Carlo, forse Marta o forse Niccolò, tira fuori un barattolo di Nutella e lo fa girare.
«Ma vi rendete conto che stiamo facendo colazione su un terrazzo vista risaia?»
Cazzo, sì che me ne rendo conto.

Dopo aver schifezzato un po' in aeroporto a Bali (clamorosamente carino per gli standard aeroportuali), prendiamo un volo interno che ci porta a Sumba su un aereo minuscolo. E una volta arrivati, veniamo invitati a un funerale.
Dopo un'ora di pullman in mezzo al nulla, ci ritroviamo in un villaggio pieno di gente. Arrivano in motorino con dei polli legati a testa in giù per le zampe, con dei carretti o trascinando dei buoi.
Per i cristiani animisti indonesiani, il culto dei morti implica giorni e giorni a vegliare il morto e sacrificare bestiame in suo onore.
E infatti il villaggio sembra una mattanza. Per terra ci sono enormi pozze di sangue e di merda, sulla sinistra un folto gruppo di uomini sta dividendo la carne con il machete e dividendola in montagnette, dall'altro lato ci sono molte teste di buoi buttate lì, con un bambino che le stuzzica con un bastone. Dei ragazzini stanno saltando su una pelle scuoiata, il più piccolo scivola e cade nel sangue e nella merda, mentre gli altri ridono. Lo guardo e penso che potrei essere io. Menomale che ho le scarpe chiuse.
Ogni tanto ci passa vicinissimo qualcuno con le mani piene di carne fresca o di budella gocciolanti.
Un uomo mi chiede in inglese da dove vengo e se mi piace Sumba. Gli dico che sono appena arrivata, questa è la prima cosa che vedo. Sembra un po' Cannibal Apocalypse, ma questo non glielo dico. E poi, forse non l'ha visto.

«Ti piace?»
«Oh beh... in Italia non li facciamo così i funerali»
«Sì, ma ti piace?»
«Ehm... è... particolare»

Mi dicono di entrare in casa del morto, dove stanno facendo la veglia. Non voglio, ma insistono. Dentro è buio, ci sono almeno quaranta donne silenziose che vegliano il morto sotto un panno. Hanno gli occhi liquidi e nerissimi.
Fuori, tutti vogliono stringerci la mano e farsi dei selfie con noi. Masticano delle bacche allucinogene che li mandano su di giri e colorano la saliva di rosso brillante.
Qualcuno dice «Ce ne andiamo?» e io penso che magari non ci lasceranno uscire, proprio come in un film horror. Un gruppo di uomini mi chiama, il capo, che sembra un santone senza un occhio mi dice qualcosa in indonesiano. Do una stretta al braccio di Matteo: «Ok, bello, ma adesso andiamo?».
E Andrea proprio in quel momento sta dicendo: «Stasera siamo invitati a cena da Mr Jack».
Mr Jack che si sta riempiendo il baule della macchina di carne offerta al morto.
Mentre aspettiamo che finisca, insegniamo lo schiaffo del soldato a un gruppo di ragazzini, che imparano subito.

«Quello con la maglietta a righe è bellissimo. Secondo te, se do 100 mila Rupie a suo padre me lo lascia portare a casa?»
«Questo, Silvia, si chiama schiavismo. Lo abbiamo già capito che poi gli fai stirare le camicie»

In spiaggia il cielo è nuvoloso, ma i colori sono comunque pazzeschi. Una palette di rosa e grigio metallizzato. Gli adulti hanno appeso dei piccoli tonni agli scooter. È pieno di bambini con cui giochiamo a prenderci. Una bambina che si chiama Angel mi dice che sono bella.

L'albergo è wild come mi aspettavo, la nostra camera non ha il lavandino e la doccia non funziona. Non c'è acqua calda. Dobbiamo chiedere ospitalità alla camera a fianco per lavarci i denti e lavarci tirandoci addosso secchiate di acqua gelata.
Mr Jack si è procurato dei tavolacci tutti scritti e delle panche da festa degli Alpini per farci stare tutti nel suo salotto. La cena è oltre le aspettative. È chiaro che tutti vogliono fare buona impressione sugli unici visitatori.
Dopo, insistiamo per fare due passi e ci dicono di non allontanarci dal centro abitato.

Siamo in cinque o sei. Cerchiamo inutilmente delle birre, troviamo un gruppo di motociclisti seduti intorno a un fuocherello nel cortile del meccanico e un cimitero un po' inquietante. Ovviamente ci perdiamo. Dalla campagna arriva un ragazzo gentile in motorino che ci dice come fare per tornare.
L'impressione è che tutti sappiano che ci siamo noi in giro a piedi.  


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2 commenti :

  1. Sembra davvero un altro pianeta...
    Ciao
    Gianmarco

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    Risposte
    1. È stata una delle cose più strane e interessanti che abbia mai visto, non me lo dimenticherò mai.

      Ciao Gianmarco :)

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