Si era addormentato secco senza neanche accorgersene, scivolando dentro sogni di asfalto e vigne lampeggianti, fino alla mattina dopo, quando si è ritrovato dentro la sala piena di sole e di tetti indubitabilmente parigini.
Era praticamente la prima volta a Parigi, senza contare quando a settembre avevo intravisto qualche Boulevard e la punta della Tour Eiffel di sfuggita dal finestrino, girando un angolo.
L'ho sempre evitata, Parigi. Era una cosa troppo da coppie, e poi è un attimo scoprire che sto diventando una persona che non mi piace.
Forse è stato meglio così: essere lì per lavoro e innamorarmene di sfuggita.
Come se ogni momento fosse portato via di nascosto.
Al Musée d'Orsay con la schiena a pezzi e gli sguardi dei quadri che bucavano la bruma di ore di sonno arretrato.
Il vento freddo del lungo Senna, i ristoranti con i tavoli minuscoli, il profumo di burro del mattino presto e la finestra dello studio pieno di libri che è stato mio per una notte, ed ero stanca morta ma era tutto così troppo bello per dormire e stavo lì a fotografare i tetti illuminati di rosso.
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