Misfits


Misfits (la serie TV, non la band) è stato un colpo di fulmine.
La prima volta stavo studiando in cucina e Rai 4 lo trasmetteva in terza serata.
Era una puntata della seconda stagione e non ci capii quasi niente, a parte che sembrava una cosa che potesse piacermi molto.
Ci sono questi sfigati che fanno i lavori socialmente utili come Fabrizio Corona, ma sono più giovani e molto meno glamour. Parlano un inglese volgarissimo e a tratti quasi incomprensibile, sorrisi non proprio perfetti e un po' di psicosi.
Ah, già, hanno anche i superpoteri. Ma qualche volta sono superpoteri sfigati.
Le prime due stagioni furono selvagge e bellissime, con dei dialoghi che erano capolavori del politicamente scorretto e dell'insulto creativo.
La soundtrack era libidine pura.
Adoravo che i protagonisti non fossero belli e che scopassero come dei ricci, perché mi sembravano persone che conosco, o che si incontrano in metropolitana.
Poi me ne sono disinnamorata piano e senza volerlo ammettere.
Qualcosa ha iniziato a rompersi quando Iwan Rheon ha smesso di essere così deliziosamente disadattato.
A un certo punto tutto ha cominciato a calare, a essere meno selvaggio e scritto in modo un po' sciatto.
Per un po' ho continuato a guardarlo per Joseph Gilgun, ma poi ho smesso.
Ogni tanto, Misfits mi manca.


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