La panificazione


Dicono spesso che io non faccio le cose come le fanno gli altri, forse per questo sono andata con mia sorella a un corso di panificazione senza glutine di venerdì sera.

Siamo arrivate in ritardo e abbiamo perso un quarto di spiegazione, l'altro quarto l'ho perso perché mi sono distratta. Per i primi venti minuti, ho avuto la mano destra bloccata da un blob di farina, acqua e lievito di birra, che ha inglobato la ciotola e le mie dita come cemento a presa rapida. Poi abbiamo aggiunto l'olio e il sale.
Mentre cercavo di sbloccarmi la mano, ho perso altri importanti passaggi della spiegazione, così sono rimasta indietro e ho dovuto stendere l'impasto di fretta, per rimettermi in pari.
Alla prima lievitazione, il mio impasto era il più brutto di tutti.
Qualcuno mi ha suggerito di scambiarlo di nascosto con quello del signore di fronte.
E io ho pensato che è così che faccio le cose, tutte le cose, sempre. E che mi sarei tenuta il mio impasto bitorzoluto.
Però poi l'hanno scelto per essere pezzato e infornato.
L'impasto crudo di mia sorella ce lo siamo portato a casa, e alle undici ci siamo messe a tavola per una cena tardiva a base di focaccia, pasta sfoglia e marmellata di mirtilli.
Eravamo tutte e due stanche morte.
La panificazione è una cosa da veri duri.
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