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Moscova, otto di sera, i cubetti di porfido incandescenti.
Per strada, persone in maglia azzurra che affrettano il passo verso casa con i cartoni delle pizze in mano. Persone che affollano il Carrefour Express per fare provviste.
Perché c'è la finale degli Europei e noi siamo italiani.

Al primo goal, realizziamo di aver bevuto sangria.
Al secondo, siamo in quindici e non parla più nessuno.
Fine primo tempo, accendiamo la luce. Beviamo prosecco, mangiamo una fetta di torta.
Poi il terzo, e nessuno sa dire perché non spegniamo il televisore e continuiamo a guardare.
Il quarto, e «Sofia, accendi la Play Station, li facciamo vincere noi».

«Comunque, è ancora il mio compleanno!», dice Sofia.
«Basta, usciamo», dice qualcuno.

In Brera non c'è nessuno, passa ogni tanto qualche ragazzo in maglia azzurra, con sottobraccio un tricolore ammainato.
Dietro le finestre aperte si vedono i televisori ancora accesi su un campo verde.
Che silenzio che c'è.

L'Italia non ha vinto gli Europei.



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