Barcelona, dìa 2: il Modernismo


Piove ancora. Il mio ombrello leopardato inizia a non reggere l'acqua che gronda dai balconi mentre siamo in coda per il museo di Picasso, dove elaboro una mia teoria sul perché non si dovrebbero portare bambini in età prescolare nei musei.
Barcellona inizia a piacermi.
Mi piacciono le case moderniste e l'architettura allucinata di Gaudì. Mi sembra pazzeschissimo che nella Casa Batllò ci abitino veramente.

A cena ordiniamo una padellata immensa di paella, eppure la cameriera si meraviglia del fatto che non vogliamo altro da mangiare. Al tavolo vicino c'è un'anziana coppia inglese: cinque portate a testa e un numero imprecisato di bottiglie di vino. Vorrebbero anche il calvados, ma non ce l'hanno.
Alla fine, lui passa la sua Visa, ma si è dimenticato il codice e dice che è meglio passare l'American Express di Wendy, perché lei si ricorda di sicuro.
Sono adorabili.

Sulle Ramblas, certi ceffi cercano di adescarci sventolandoci davanti lattine di cerveza fria, per poi chiederci che tipo di droga vogliamo. Il fascino discreto di Barça.
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